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mercoledì 19 luglio 2017

SOSPETTO CASO DI MENINGITE VIRALE ALLA EX BASE DI CONETTA: UN OSPITE RICOVERATO A VENEZIA, MA NON SAREBBE CONTAGIOSO

La settimana scorsa è stato ricoverato a Venezia un ospite della ex base militare di Conetta, per una sospetta meningite virale. Gli ultimi a saperlo -e per un caso fortuito- sono stati i poliziotti che lavorano all’ufficio immigrazione della Questura di Marghera e i poliziotti dell’ufficio immigrazione del Commissariato di pubblica sicurezza di Chioggia, che quotidianamente trattano gli ospiti per la richiesta di protezione internazionale: il vicesegretario nazionale del sindacato UGL Polizia, Mauro Armelao, dice che «la misura è colma, non possiamo tacere di fronte a questo ennesimo episodio». Continua Armelao: «Non è possibile venir a sapere le cose per caso o per sentito dire, nessuna comunicazione ufficiale è arrivata dalla questura di Venezia alle organizzazioni sindacali, nè tantomeno al personale interessato, che nel dubbio doveva sospendere immediatamente le operazioni burocratiche con gli ospiti provenienti da Conetta. Idem gli agenti della Polizia Scientifica che svolgono le attività di identificazione e fotosegnalamento. Non possiamo rimanere in silenzio quando si tratta di mettere a rischio la salute degli operatori. Nessun avviso, nessuna circolare per sensibilizzare il personale ad utilizzare i DPI, visto questo caso di sospetta meningite. Solo ieri, dal 10 luglio che si trova ricoverato, si è appreso che lo stesso soggetto “allo stato attuale, non risulta affetto da patologie contagiose”. Allo stato attuale quindi cos’ha? A noi non è dato a sapere! Allarme rientrato quindi, ma per quanto tempo? Per questo motivo, l’UGL Polizia di Stato, stigmatizzando il silenzio di tutti gli enti coinvolti nei confronti degli agenti, auspica che ben presto si arrivi a decidere di tenere sotto stretta sorveglianza sanitaria, per almeno 40 giorni, tutti i neo arrivi, al fine di scongiurare il pericolo che gli stessi abbiano incubato qualche patologia contagiosa e rischiosa per la salute di tutti, prima di essere trattati dal punto di vista burocratico. Una volta sbarcati, gli stessi dovrebbero essere sottoposti a visite mediche accurate per accertare il loro effettivo stato di salute e solo dopo 40 giorni essere trattati negli uffici preposti per il rilascio dei permessi di soggiorno provvisori in attesa della decisione della commissione preposta al riconoscimento dello status di rifugiato. Questa per noi è una questione non solo di sicurezza nazionale, ma di tutela della salute pubblica, e significa prevenire e avere a cuore sia la salute dei cittadini che quella degli stessi profughi. Inutile aver fretta per dare quel pezzo di carta ai richiedenti asilo per scongiurare proteste come in passato: per noi è prioritaria la salute di tutte le persone coinvolte nella gestione di questa che ormai non è più un’emergenza, ma una quotidianità».

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