Pagine

mercoledì 25 aprile 2018

FLAVIO BUSONERA E RICCARDO BISOGNIERO, EROI DELLA LIBERAZIONE CAVARZERANA, RICORDATI STAMANE DAL SINDACO PER IL 25 APRILE

Si sono tenute anche a Cavarzere le celebrazioni del 25 Aprile. Come ogni anno, il sindaco Henri Tommasi ha svolto l'orazione civile: ecco il testo.
Rivolgo il mio saluto alle autorità presenti, alle associazioni d'arma, ai rappresentanti delle istituzioni scolastiche, delle associazioni e a tutti i cittadini che hanno accolto il nostro invito ad essere qui in piazza a ricordare il 73° anniversario della Liberazione. E mi sembra doveroso quest'anno iniziare questa commemorazione ricordando il generale Riccardo Bisogniero, che ci ha lasciato qualche settimana fa. Nella tarda mattinata del 27 aprile di 73 anni fa, il generale Bisogniero (all'epoca giovane capitano, poco più che ventenne) alla guida del battaglione “Cremona” dell'esercito regolare italiano entrava a Cavarzere liberandola dall'occupazione nazifascista e ponendo fine al periodo più tragico e sanguinoso della storia della città. Credo che dalla storia del generale (che fino all'ultimo ha amato e portato nel cuore Cavarzere) possiamo ricavare tanti spunti di riflessione che ci possono essere utili anche oggi. Quel giovane capitano fece una scelta, quella di rimanere fedele allo Stato, di rifiutare la dominazione nazifascista, di non scappare ma di mettersi attivamente al servizio (in un momento di grande difficoltà) della causa della libertà, assumendosi rischi e responsabilità di una scelta del genere in quel momento storico. La scelta coraggiosa e responsabile dei nostri padri ci ha regalato 73 anni fa la libertà. La sua difesa richiede però ogni giorno scelte coraggiose e talvolta controcorrente nella politica, nella società, nella vita di ogni giorno, specie in presenza di momenti difficili. Nelle difficoltà può essere comodo non scegliere, seguire la massa, essere indifferenti, rinchiudersi nel proprio quieto vivere, non prendere rischi. Ma in questo modo la libertà e la democrazia non vivono, si ristagna nella mediocrità e non c'è vero progresso. Lo spirito del 25 aprile ci renda generosi e coraggiosi, anche nel nostro piccolo, nel creare una società migliore.

Flavio Busonera, medico e partigiano, fu essenzialmente una brava persona, un brav’uomo. Eppure, sempre "controllato a vista", fin da giovane. Ho letto infatti alcuni documenti (presenti nel faldone dell’Archivio di Stato n° 908, del Casellario politico Centrale) che mi sono stati trasmessi da Liana Isipato, ricercatrice dell’IVESER, l’Istituto Storico di Venezia cui da anni è iscritto anche il Comune di Cavarzere. Da questi documenti risulta che già dal 1910-1911, da studente ginnasiale, Flavio è accusato di simpatie per i gruppi anarchici, ma dal suo sospetto anarchismo viene scagionato dalla Prefettura di Cagliari, come giovane di “buona condotta morale e politica”. Poi il Ministero dell’Interno, durante il regime fascista, indaga su di lui, che viene schedato nel giugno 1937 come "sovversivo". L’anno dopo però viene radiato, cioè escluso dagli elenchi dei "sovversivi" perché, pur non essendo iscritto al Partito Nazionale Fascista, “partecipa a tutte le manifestazioni patriottiche”. Questa radiazione viene convalidata dal Ministero dell’Interno nel settembre del 1939, proprio mentre lavora a San Pietro di Cavarzere. Per questo, sottolineavo, il dottor Busonera era essenzialmente un bravo medico e un brav’uomo, così riconosciuto dallo stesso regime. Furono poi gli anni della guerra, e degli scontri civili, in cui scelse di schierarsi e agire come antifascista, che lo porteranno alla sua drammatica fine.
Flavio Busonera era nato a Oristano il 28 luglio 1894; suo padre aveva una piccola fabbrica di gazosa e per quei tempi era un benestante: questo gli permise di mandare il figlio al ginnasio. Bravo a scuola, Busonera prese la maturità al liceo Dettori di Cagliari e prima di finire l’università dovette partire per la Grande Guerra. Tornato a Cagliari, si laureò nel 1921 e si iscrisse al neonato Partito Comunista. Durante un viaggio in nave conobbe Maria Borghesan di Noale, che andava a trovare il fratello funzionario nelle miniere sarde, e con lei si sposò mettendo al mondo quattro figli, due dei quali, Francesco e Maria Teresa, sono oggi con noi. La vita di lavoro a Sarroch, paese vicino a Cagliari, fu ostacolata a causa delle sue idee antifasciste, e così si trasferì nel Friuli fino al ’26, e poi nel Cavarzerano: prima a Rottanova e San Pietro, poi in centro. Era specializzato in pediatria e la gente di Cavarzere, per la sua bravura e la sua umanità, lo ricorda come "il medico buono". Essendo antifascista, fu per lui naturale aderire alla Resistenza e, a Cavarzere, ne fu l’anima, dirigendo la raccolta di armi paracadutate negli aviolanci, trovando ripari per i militari alleati ricercati da fascisti e tedeschi, curando i partigiani feriti o ammalati e tenendo i rapporti con la Resistenza di Adria, Padova e Chioggia. Il capo partigiano Aldo Varisco di Chioggia scrisse nelle sue memorie che nel loro primo incontro Busonera si manifestò “uomo dinamico e dai propositi concreti”. Catturato in seguito a delazione, nella casa in Via Trento e Trieste, fu portato in carcere e brutalmente assassinato a Padova, in via Santa Lucia il 17 agosto 1944. La cittadinanza di Cavarzere gli è riconoscente e tiene viva la sua memoria con profonda gratitudine.

Nessun commento:

Posta un commento