Chi
si ricorda la polemica su Roma Capitale e gli insulti destinati a chi
avesse osato rivolgersi agli uffici pubblici di cotanta
amministrazione comunale fuori orario? La foto del cartello,
pubblicata all'epoca (era il novembre 2013) su tutti i giornali è
abbastanza esplicativa ed è inutile stare a chiosare sulle tante
perle che contiene. A cominciare da quel “l'altri giorni dobbiamo
lavorare” dove, a parte la sgrammaticatura iniziale, il verbo
“dobbiamo” esprime tutto il carico di risentimento e seccature
che quel “lavorare” porta con sé, malgrado lo stipendio
intrinsecamente connesso proprio a quel lavoro. Compreso, magari, il
ricevimento del pubblico che non dovrebbe essere né tempo perso, né
accondiscendenza verso chi ha delle legittime richieste. Ma, per
quanto riguarda Roma, ci fermiamo qui.
Parliamo,
invece di Cavarzere che non sarà capitale ma si fregia, comunque,
del titolo di Città. Anche qui ci sarebbe qualcosa da dire sulle
gestioni amministrative che si sono compiaciute di aggiungere titoli
e onorificenze alle carte intestate del Comune ma hanno fatto
scappare i cavarzerani per la mancanza di lavoro, di servizi e i
prezzi delle case più alti della zona. Chiusa parentesi. E parliamo,
invece del cartello che, da qualche tempo, campeggia su una delle
porte del terzo piano (l'area tecnica) del Comune. Allora:
“spiacevoli risposte” è più forbito di “parolacce e insulti”,
ma il concetto è il medesimo. E, se non altro, c'è anche il ritegno
di evitare un richiamo alla supposta “educazione” di chi sta
negli uffici. Un'educazione che, anche in questo caso, farebbe a
pugni col contenuto del cartello.
Non
sappiamo, ahinoi!, se l'avviso, firmato da un dirigente che non
lavora più a Cavarzere, sia stato posto prima o dopo (e quanto dopo)
quello di Roma Capitale. Di certo, però, non va inteso come una
pretesa di superiorità, o di pari dignità, tra gli uffici comunali
di Roma e quelli di Cavarzere. Il cavarzerano-tipo, infatti, è noto
per la scarsa considerazione che ha della sua città e, spesso, anche
di chi la amministra (persone che, peraltro, sono state votate dai
cavarzerani stessi). E il cartello in questione sembra, ancora una
volta, sintomo di quell'inferiorità socio-culturale-economica che
molti indigeni si attribuiscono. Insomma, se il pubblico rompe le
palle, abbiate almeno il coraggio di scriverlo, cari responsabili del
Comune. I romani lo hanno scritto chiaro e tondo. Sarà stato un
messaggio inelegante, ma era sicuramente efficace. Quindi se qualcuno
rompe i coglioni per nulla, diteglielo chiaramente. E, magari, non
solo a chi sta “in basso” ma anche a chi sta “in alto”.
Viceversa se qualcuno “rompe” per motivi legittimi.. beh! allora
l'orario non dovrebbe contare nulla.